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#83 – Maschere e specchi

di Fabio Furlanetto e Mickey

 

Central Park

Il vecchio che passeggia odia le mattine fredde. Il vento gelido gli penetra nelle ossa e rende camminare ancora più difficile del solito.

Il suo dottore gli ripete che ha bisogno di fare un po’ di moto; le sue gambe non sono più quelle di un tempo, e la sua camminata è talmente lenta da fargli detestare anche solo l’idea di muoversi tra la folla.

Si stringe nella giacca per cercare di scaldarsi un po’, accentuando ancora di più la gobba. L’unica cosa che detesta più delle mattine fredde sono i giovani che fanno jogging appena dopo l’alba.

Due belle ragazze lo superano, senza nemmeno accorgersi di lui. Perché dovrebbero? Potrebbero essere sue nipoti. Nessuno si accorge di lui...solo un vecchio e fragile novantenne, che deve già sedersi su una panchina per riprendere fiato.

In realtà è solo l’apparenza, perché Adrian si è seduto per un motivo molto semplice: si è accorto del sicario che lo segue.

-Se devi seguire qualcuno per ammazzarlo stai più lontano – dice rivolgendosi al ragazzo che si è fermato poco prima della panchina, fingendo di essere interessato solamente al panorama.

Lo sconosciuto si avvicina perplesso, guardandosi bene attorno per essere sicuro di non essere visto, e poi si siede di fianco del vecchio. I suoi muscoli pesano più di Adrian.

-Il Coordinatore ha un messaggio per lei, mister Toomes – minaccia, aprendo la giacca quanto basta per lasciar intravedere la pistola.

-Non credevo che Octopus reclutasse i bambini – risponde il vecchio con estrema calma.

-Octopus reclutava un vecchio decrepito che non fa paura a nessuno. Io lavoro per il Coordinatore.

-Un pretendente al titolo, hm? Nessun rispetto per le tradizioni – sospira Adrian, alzandosi in piedi e mettendo le mani in tasca. -Probabilmente hai pensato, Adrian Toomes non riesce neanche ad andare in bagno senza farsi aiutare. Perché  preoccuparsi di togliere di mezzo l’Avvoltoio, se basta pagare un poppante quattro spiccioli per fargli un buco in fronte? Lascia che ti dica una cosa, ragazzino.-

Adrian estrae le mani dalle tasche. Ora indossa degli artigli metallici, e con una velocità impensabile per la sua età li usa per avvinghiare il ragazzino per la gola e iniziare a stringere.

Il ragazzo afferra la giacca di Adrian, cercando di liberarsi. Tutto quello che riesce a fare è intravedere l’esoscheletro che nasconde.

-Combatto gente come l’Uomo Ragno da quando avevo settant’anni. Credi veramente che mi faccia mettere da parte dal primo boss da quattro soldi che mi minaccia? Sai quanti ne ho visti di aspiranti Kingpin negli anni? Sono io a mandare un messaggio al Coordinatore.-

Adrian lascia la presa, lasciando il cadavere del messaggero a bocca aperta. Si rimette le mani in tasca, spegnendo l’alimentatore dell’esoscheletro.

-Nessuno f##te l’Avvoltoio.


Coffee Bean
L'aspirante professor Parker e il dottor Sisko sono al bancone del bar-ritrovo di tutto il personale e gli studenti dell'Empire State University, in attesa che siano loro serviti due caffè. Rigorosamente ristretto per Peter, da quando è stato in vacanza-studio in Italia.
-Tutto ok, Emil? E' da stamattina che ti sento silenzioso... e non è da te.
-Forse tu sei abituato a star dietro all'Uomo Ragno, ma io non dormo da giorni dopo "Quicksand"- ammette, etichettando l'incidente al laboratorio del professor Lubisch con il nome della criminale responsabile[i] . Peter Parker si rimprovera di non avere la prontezza di mettersi subito nei panni dell'uomo comune, in situazioni come queste.
-Hai ragione, perdonami.
-Ho sempre incubi sulla sabbia che mi soffoca o cose del genere...
-Hai pensato di rivolgerti a un counselor dell'università? Potrebbe essere comunque una forma di disturbo post-traumatico.
-No... spero di non averne bisogno, ma grazie del consiglio. Se potessi distrarmi lavorando... ma con i federali tra i piedi, dobbiamo arrangiarci...
-Ti capisco. Pensavo che a quest'ora avrebbero chiuso il caso, e invece stanno ancora facendo chissà quali rilievi...
I due ricercatori ingollano i loro caffè, poi Sisko riprende a parlare:
-Maureen come sta? Non si è più fatta vedere...
-Mi hanno detto che è stata dimessa dall'ospedale e che sta bene. Le ho abbonato le ultime ore di tirocinio, per farla stare tranquilla... ma contavo che tornasse in facoltà per le lezioni del semestre. Forse conviene darle un colpo di telefono... - suggerisce, intendendo in realtà "pedinarla di nascosto".
-Io le darei un altro genere di colpo... potremmo consolarci a vicenda per il disturbo da stress! - prova a sdrammatizzare Emil, per lo sconcerto del suo collega.
-Farò finta di non aver sentito - chiude il discorso Peter, pur senza riuscire a trattenere un grande sorriso da umorismo adolescenziale. -Oggi offro io, ok?

Aeroporto Internazionale John F. Kennedy

Nicholas Powell è un mercenario molto particolare. Innanzitutto non ha l’aspetto che vi immaginereste per un criminale a pagamento, se non in un film di James Bond: baffetti alla Clark Gable perfettamente curati, costosissimi vestiti firmati e scarpe tirate a lucido.

In questa città, nemmeno il fatto che la sua valigia contenga un sofisticatissimo costume corazzato con cui Powell agisce nell’identità di Chance lo rende particolarmente degno di nota.

Tuttavia è uno dei pochi mercenari a cui i soldi non interessano: Chance incassa la paga solo e unicamente se riesce a vincere la scommessa richiesta. Specialmente se può rischiare la propria vita nel farlo.

Una donna di colore lo sta aspettando all’uscita, di fronte ad una limousine, mostrando un cartello con il nome di copertura con cui sta viaggiando Powell e una minigonna vertiginosa. Un bel regalo di benvenuto, una rarità di questi tempi: in pochi sono capaci di ingaggiare un assassino con stile.

-Bentornato a New York, Chance. Il Coordinatore la sta aspettando.

Senza perdere altro tempo in inutili convenevoli, la donna apre la portiera della limousine ed invita Chance ad entrare.

Il mercenario nota immediatamente lo spessore considerevole della portiera: la limousine è pesantemente blindata. Probabilmente nemmeno il suo arsenale riuscirebbe ad intaccarla.

L’uomo che lo sta aspettando si toglie il cappello per salutarlo. Chance non riconosce la maschera che indossa, e se c’è una scommessa che non lo rende mai tranquillo è non conoscere l’identità del proprio datore di lavoro.

-Signor Powell, la sua fama la precede. Si metta comodo.

Chance sale sulla vettura, seguito immediatamente dopo dalla donna di colore che si siede a fianco del Coordinatore. Ed improvvisamente ha ora i capelli biondi.

-Io invece non ho mai sentito parlare di te. A dire la verità ho pensato subito che tu fossi il Dottor Octopus, ma se fosse così faresti una fortuna vendendo cure dimagranti.

-Lascia che sia io ad occuparmi di Octavius, Chance. Però hai sottolineato un punto cruciale: ho un problema di immagine. Con tutti i sedicenti boss criminali di New York, anche limitandosi a chi indossa una maschera, bisogna fare qualcosa di eclatante per farsi notare.-

Chance sta cercando di seguire il discorso del Coordinatore, ma è difficile non essere distratti dal fatto che la donna afro-americana dai capelli biondi sta diventando caucasica davanti ai suoi occhi.

-In questa città, farsi notare significa dimostrare che non ci si piega davanti a nessuno. Né alla concorrenza, né alla polizia né sicuramente agli eroi mascherati. Mi stai ascoltando, Chance?-

Ormai la donna non solo ha cambiato completamente aspetto, ma anche i suoi abiti stanno mutando forma.

-Chi è la ragazza?

-Domanda sbagliata, Chance. Quella giusta è: “chi può decidere di essere la ragazza”?

 

Da qualche parte a Manhattan

Anche in un’epoca in cui chiunque può avere in tasca uno smartphone costantemente collegato a tutti i siti di notizie del mondo, davanti ai negozi di televisori si forma sempre una piccola folla che non sa resistere all’idea di poter sbirciare qualche programma gratuitamente.

Nessuno di loro fa caso all’uomo che indossa una giacca sportiva il cui cappuccio ne oscura i lineamenti, quantomeno fino a quando tutti i televisori non smettono di funzionare al suo passaggio.

Gli lanciano una rapida occhiata, al massimo, e poi continuano sulla propria strada. Max Dillon osserva il proprio riflesso sulla vetrina, e dall’altra parte i televisori che trasmettono solo statica.

-Brutto periodo, Max? – chiede un vecchio gobbo che gli si è appena avvicinato.

-Non mi interessa, Adrian.

-Non ti ho ancora detto perché sono qui!

-Se vuoi propormi di allearmi con te per uccidere l’Uomo Ragno non sono dell’umore giusto. Non sono riuscito ad ottenere un lavoro decente da quando sono scappato di prigione.

-Cosa vuoi che me ne importi dell’Uomo Ragno adesso? Ho un piede nella fossa, Max.

-Hai un piede nella fossa da quando ti conosco, Adrian. Cos’hai, cent’anni adesso? Vedo che l’esoscheletro che ti ringiovaniva non funziona più.
Toomes non vuole annoiarlo raccontandogli di come l'esplosione di una bomba del Predone Mascherato[ii] l'abbia prosciugato delle energie vitali e abbia vanificato per sempre gli effetti della tecnologia di ringiovanimento. O, per essere più precisi, non vuole ricordarsene, per non spargere sale sulla ferita sempre fresca, e liquida la questione:

-Non parlarmi di quella spazzatura. Qualcuno ha cercato di uccidermi stamattina, Max, e lavorava per il Coordinatore.

-Hm. Ma guarda. Qualcuno ha cercato di uccidere anche me oggi. L’ho fulminato.

Un’ammissione così fredda e cinica potrebbe forse sorprendere qualcun altro, ma sicuramente non l’Avvoltoio, che non ci fa caso.

-Credo che il Coordinatore voglia uccidere i Sinistri Sei. Sai cosa ti dico? Ricostruiamo il gruppo e facciamogli vedere di cosa siamo fatti.

-E farci prendere a calci nel sedere per la milionesima volta? No, grazie. Electro lavora da solo adesso.

-E se ti dicessi che ho in mente come usare il mio esoscheletro elettromagnetico per aumentare il tuo potere?

Uno dei televisori esplode, ed una scintilla di elettricità scorre tra gli occhi di Electro.

-Abbiamo bisogno di Octavius.

 

1 Police Plaza, downtown Manhattan

Betty Brant ha uno strano sorriso sul volto. Per certi versi, il sorriso di una scolaretta che ha appena ricevuto un invito per il ballo di fine anno, o che ha appena saputo un succulento gossip sull'amica più antipatica della comitiva. Ciò che ha ricevuto, invece, è un SMS anonimo: «Io farei un salto alla centrale di polizia al posto tuo. Ma farei anche attenzione».
Forse quando era ancora una segretaria, c'era la speranza che seguisse tutte le indicazioni ricevute, senza fiatare. Da quando si è reinventata cronista d'assalto, è la norma che ignori bellamente la seconda parte, cioè l'invito a stare attenta. Anche se le scalda il cuore, se - come pensa - la soffiata deriva in qualche modo da Hermann Schultz, in arte criminale Shocker.

Il rapporto che c'è tra loro è indefinibile, né ha senso. Se glielo chiedessero, potrebbe tuttalpiù rispondere che “in un'altra vita, avremmo potuto divertirci e stare bene”. In questa, potrebbe diventare il suo miglior informatore.
L'ultima volta in cui l'ha imbeccata ha salvato qualche vita a Washington. Stavolta Betty inizia a dubitare della fondatezza, visto che sta aspettando da abbastanza tempo perché gli agenti nella sala d'aspetto abbiano smesso di guardarla con cupidigia e abbiano preso a fissarla con sospetto per la sua ingiustificata presenza.
A sbloccare lo stallo sopraggiunge il fragoroso ingresso di una donna malconcia. Non è la prima persona che si affaccia in quel modo nella centrale per chiedere aiuto o per denunciare qualcosa. Se si fa notare, è perché con la coda dell'occhio Elisabeth trova il suo volto vagamente familiare, anche se le ci vorrebbe troppo tempo per fare mente locale sulla sua identità.
-Aiutatemi... sono scappata da lei...
-Signora, si calmi e ci dica... - le accorre incontro un poliziotto di guardia.
-Mi ha tenuta prigioniera... una pazza...
-Chi?
-Una criminale... sono riuscita a sfuggire, finalmente... ma mi avrà seguito...
-Intanto si sieda e chiamiamo un dottore, signora... come si chiama?
-Jean DeWolff...!?! - la anticipa un collega più anziano del poliziotto - No, impossibile... ma lei le somiglia tantissimo...
-No, ragazzo, lei ha buon occhio e buona memoria... sono il Capitano DeWolff... e sono viva per miracolo - sentenzia la donna, per il sommo stupore di tutti i presenti.
Continuando a fissarla esterrefatta, Betty Brant prende il telefono dalla borsa e, senza guardare la tastiera, usa un tasto di scelta rapida per chiamare in redazione al Daily Bugle...

SoHo, Lower Manhattan.
Appartamento di Maureen Goodwin.
Peter Parker sa che non dovrebbe essere qui. Se il corpo universitario sapesse che si è procurato l’indirizzo di una sua tirocinante, l’ha seguita sincerandosi di non essere notato e sta spiando il suo appartamento dalla finestra, indossando solo una calzamaglia aderente, probabilmente non potrebbe più insegnare nemmeno in una scuola serale di periferia.

Certo dovrebbero anche sapere che quella non è una calzamaglia ma il suo costume da Uomo Ragno, ma forse lo troverebbero un incentivo per il suo licenziamento.

Testa-di-tela entra dalla finestra, ringraziando il cielo per il fatto che dopo tutti questi anni la gente a New York ancora si dimentica che qualcuno può entrare in casa anche al decimo piano. Mentre esamina la stanza, non può fare a meno di pensare:

“Promemoria: non parlare con MJ di questa storia. Com’è andata la giornata, tesoro? Oh niente di che, le solite lezioni, poi mi sono intrufolato di nascosto nella camera da letto di una studentessa che ha una cotta per me, mi passi il sale?”

A prima vista, l’arrampicamuri non vede nulla di sospetto; niente che non ci si aspetti di trovare nella camera da letto di una giovane studentessa universitaria. Anche se i poster di Iron Man, Capitan America e di Thor gli provocano un minimo di gelosia professionale.

“Niente bambole voodoo dell’Amichevole Tessiragnatele Di Quartiere, niente armi segrete costruite per vendicarsi di chi ti ha sempre sottovalutato...okay, forse per questa volta non ho creato accidentalmente un nuovo super-criminale che vuole uccidermi. Voglio dire, Maureen è solo stata colpita da un raggio sperimentale super-tecnologico, dove sta scritto che debba mettersi un costume?”

Il senso di ragno pizzica, ed istintivamente Spidey salta sul soffitto per non farsi scoprire.

Maureen Goodwin entra nella stanza, con addosso solamente biancheria intima e con un costume in spandex tra le mani.

Alza immediatamente lo sguardo, osservando se stessa arrossire nelle lenti a specchio della maschera dell’Uomo Ragno.

-Non è quello che sembra, giuro – si scusa l’eroe.

 

La ragazza cerca di coprirsi come meglio può, quando il suo corpo emana un bagliore rosso ed improvvisamente è avvolto da una coltre di denso fumo bianco.

Il senso di ragno pizzica ancora, ma l’Uomo Ragno non coglie l’occasione per trattenere il respiro; se ne pente immediatamente, quando i polmoni iniziano a bruciare e gli occhi a lacrimare. Scende a terra, sollevando leggermente la maschera quanto basta per poter respirare, ma gli è persino difficile restare in piedi.

-Omiodio...scusa, l’ho fatto senza pensare! – si sbriga ad intervenire Maureen, avvicinando una mano illuminata di rosso: lo stesso colore del raggio del Trasmutatore.

L’istinto di Peter gli suggerisce di allontanarsi, ma il senso di ragno tace. Il fumo svanisce istantaneamente.

-Non voglio sapere...dove nascondevi i lacrimogeni – riesce comunque a scherzare, anche se la gola brucia come non mai.

-Gas CN o cloroacetofenone. Prima stavo cercando di trasmutare l’aria in gas lacrimogeno e...sei sicuro di stare bene? Cercavo di creare qualcos’altro perché il CN è troppo tossico.

-Sto bene, rispetto alle bombe-zucca di Goblin o a un Hulk sudato questa è roba da niente.

C’è un secondo di silenzio ed imbarazzo, prima che Maureen si sbrighi a recuperare dei vestiti con una velocità quasi sovrumana.

-Cosa ci fai in camera mia!?

-Sei stata coinvolta in un incidente di laboratorio sotto i miei occhi. Tutte le persone che conosco a cui è successo hanno sviluppato dei super-poteri, e molti di loro si sono messi in testa di uccidermi.

-Sì, beh, se si trattasse di qualcun altro chiamerei la polizia, ma immagino di doverti ringraziare per avermi salvato la vita due volte.

-Non c’è di che, è scritto nel manuale del super-eroe – risponde l’Uomo Ragno, gettando un occhio allo spandex che Maureen ha appoggiato sul letto per potersi vestire. Solo allora capisce che c’è qualcosa che non va nella frase della ragazza e chiede:

-Come “due volte”?

-Ricordi il tuo scontro con Rhino? Voleva scagliarti addosso una macchina, anche se a bordo c’eravamo io e mio padre; tu lo hai distratto coprendogli gli occhi con la ragnatela e lo hai fatto caricare a testa bassa contro un muro dall’altra parte della strada.

-Dovresti essere un po’ più specifica; mi sarò scontrato con Rhino cento volte – ammette l’Uomo Ragno, un po’ nervosamente; Maureen sta raccontando l’episodio con passione e lui non si ricorda minimamente dell’occasione.

-Ti sei anche fermato per chiedere se stessimo bene; mio padre è arrivato a tanto così dall’avere un infarto. Proprio non ti ricordi? Avrò avuto al massimo dodici anni e portavo i capelli corti.

-Non sono in giro da così tanto tempo – mente l’Uomo Ragno, prendendo in mano il costume e cambiando argomento – Quindi fammi indovinare, ti sei messa in testa di fare l’eroina?

-Che fine ha fatto l’ipotesi che volessi diventare una criminale? – chiede lei, incrociando le braccia e sorridendo.

-Primo, non hai cercato di uccidermi o gettarmi fuori dalla finestra quando il gas mi ha fatto vacillare. Secondo, e questo è veramente l’indizio principale, il tuo costume non ha una scollatura.

-Molto divertente – risponde Maureen, facendo sparire il sorriso e strappando il costume dalle mani dell’eroe – Comunque grazie dell’interessamento, ma posso cavarmela da sola. Tu non hai cose più importanti di cui occuparti?

-Verrebbe da pensarlo, ma non c’è davvero niente di decente in televisione di questi tempi.

-Vuoi dire che non hai sentito del Capitano DeWolff? – chiede Maureen.

Un brivido scende lungo la schiena di Peter: quel nome porta con sé parecchi ricordi, alcuni dei quali molto dolorosi.

-E’ su tutti i telegiornali. Si è presentata alla centrale di polizia dicendo di essere stata prigioniera per tutti questi anni e che a morire è stata solamente una... Uomo Ragno?

Maureen si è voltata verso la porta solo per un istante, ma ora è sola nella stanza. Osserva il costume nelle proprie mani, poi la finestra ancora aperta, poi di nuovo il costume.

Sorride, ed il suo corpo si illumina di luce rossa.


Studio del dr. Knapp
Mary Jane ha accompagnato sua zia dal dentista e la aspettando nella sala d'aspetto. Sia lei sia la piccola May sono del tutto assorbite dalla lettura di una rivista di moda femminile ciascuna, in un modo che lascia agli astanti pochi dubbi sulla loro parentela. L'ex modella alza lo sguardo quando il televisore pendente dal soffitto annuncia una breaking news.
«... il capitano Jean DeWolff, uccisa sette anni dal primo Mangiapeccati, si è presentata rediviva alla centrale della polizia di New York, affermando di essere scampata a un annoso sequestro da parte di un non meglio specificato criminale. In attesa di conferme di questa storia, Stacy e l'ufficio stampa si sono trincerati in un no comment, rimandando dichiarazioni a un'imminente conferenza...»
Per certi versi, la moglie dell'Uomo Ragno è delusa dalla sua insufficiente meraviglia a una notizia del genere. La spaventa che abbia ormai fatto l'abitudine. Eppure non può impedirsi di fare ipotesi, e anche questo automatismo la indispettisce.
"In ordine di probabilità: un clone, un simulacro del Camaleonte, il Camaleonte, un LMD, un doppione dimensionale..."

-... sì, certo che vorrà indagare - bisbiglia poco dopo nell'ascensore in discesa - Lo farebbe a priori, ma in questo caso Peter si sente in parte responsabile della morte di Jean, e sarebbe un bel sollievo se...
Mary Jane non conclude la frase, rendendosi conto dell'ingenuità di prendere in considerazione l'ipotesi che la resurrezione sia fondata.
-E' vero che è in parte responsabile? - fa un passo indietro Anna Watson, incurante di toccare un tasto dolente. Non fa nessuno sforzo per nascondere la diffidenza nei confronti di Peter Parker, da quando ha scoperto il suo segreto.
Un ding segnala il raggiungimento del piano terra.

-E'... complicato - risponde soltanto la nipote, accarezzando la testa di sua figlia per accompagnarla all'esterno del vano ascensore. Come a ripararsi da certi interrogativi, si concentra sullo smartphone, collegato in streaming con il canale che stava seguendo la notizia. Di colpo frena e sospira un:
-Oh!
-Che succede?
-La polizia... hanno attaccato durante la conferenza stampa! Ora!
-Chi?
-Non lo so, non si capisce granché...
-C'è l'Uomo Ragno? - si sincera Anna.
-Non ancora - risponde Mary Jane Watson, che ben conosce i suoi polli.

 

Manhattan

In grande sintonia con sua moglie, l'arrampicamuri si sta ponendo simili interrogativi, nel relativamente breve tragitto tra Soho ed il quartier generale di polizia. Si chiede se questo coup de théâtre non sia l'ennesimo trucco dello Sciacallo o di Goblin. Il primo dovrebbe essere ancora morto, per quel che vale con il maestro della clonazione, e il secondo dovrebbe essersi lasciato alle spalle certe eccentricità, per quel che vale con il campione delle recidive e degli emuli. D'altro canto, nessuno dei suoi peggiori nemici si è mai interessato a Jean DeWolff. Quale sarebbe lo scopo? Attirarlo in una trappola? Giocare di nuovo a "ti illudo e poi te la tolgo ancora"? Non che non funzionerebbe quanto la prima volta.
Ora come ora gli farebbe comodo chiamare Devil. Non solo per un supporto morale, ma perché i suoi super-sensi farebbero scartare loro una serie di ipotesi sulla vera identità del redivivo capitano. Si augura di trovarlo sul posto.
Con questi dubbi e mille altri per la testa, l’Uomo Ragno atterra di fronte alla centrale per assistere ad uno spettacolo inaspettato: un super-criminale sta tenendo Jean come ostaggio, puntandole alla testa una specie di fucile da polso, mentre una dozzina di poliziotti lo tengono sotto tiro.
La vista del Capitano in carne e ossa, reale o impersonata che sia, non manca di dargli la pelle d'oca. Immediato l'istinto di scrollarsi di dosso la sensazione e di buttarla sul ridicolo:

-Detesto arrivare durante il secondo tempo. Dovrebbero mettere uno schermo anche alla toilette così non si rischia di perdere niente se ci si mette troppo tempo durante l’intervallo.

-Oh grandioso, ci mancava solo lui – si lamenta uno dei poliziotti.

-Lascia fare a un professionista – risponde l’Uomo Ragno, alzando le braccia ed avvicinandosi con passi lenti al criminale.

-Bene bene, perfettamente in orario – commenta Chance, stringendo il braccio di Jean con più forza.-Prova a fare il furbo e il capitano ci lascia la pelle, arrampicamuri!

-Ragno, prendilo a calci prima che io gli faccia qualcosa di molto peggio – incita Jean, continuando a dimenarsi e lasciando cadere a terra la sigaretta.

La voce è perfetta, pensa Peter, e l’atteggiamento è quello che si sarebbe aspettato dal Capitano. Riconosce il criminale come Chance, un mercenario di basso livello con cui si è scontrato un paio di volte...questo non è il suo modus operandi, ma la cosa non lo rende meno pericoloso, anzi.

-Okay, mi arrendo. Fai un po’ quello che ti pare – risponde l’Uomo Ragno, sempre tenendo le braccia bene in vista.

-Cosa...guarda che non sto bluffando! Un passo falso e le faccio saltare le cervella!

-Sì, certo, e poi? Non sei un assassino a meno che non ti paghino, Chance. Vuoi rapire il Capitano per chiedere un riscatto, vero? Se le spari perderai prima ancora di giocare. E se c’è una cosa che mi ricordo di te, Chance, oltre a quei ridicoli baffetti che, seriamente, non porta più nessuno da quando Stark si è fatto crescere il pizzetto, è che tu non sopporti vincere o perdere senza una sfida.

-Ti ricordi di me, ne sono lusingato...nella mia carriera la reputazione è tutto. D’accordo, facciamo un gioco allora: pari o dispari?

“Strano, avrebbe dovuto perdere le staffe e darmi modo di bloccargli l’arma con la ragnatela...da quand’è che Chance ha un cervello?” si chiede l’Uomo Ragno, pensando a un altro modo per irritarlo.

-Passo.

-Ma che...non si può passare con...okay, come vuoi tu – risponde Chance, arrivando vicino ad infuriarsi; invece fa un movimento rapido del polso e nella sua mano appare un dado. -Io dico pari. Soffia per portarmi fortuna, baby – dice, porgendo il palmo a Jean DeWolff che in tutta risposta gli sputa in faccia.

Adesso è l’Uomo Ragno ad essere impaziente: l’armatura ed il casco di Chance lo rendono a prova di proiettile, ma se uno dei poliziotti perdesse la calma e facesse fuoco correrebbe il rischio di colpire Jean.

Chance tira il dado, che rotola a terra fino ai piedi dell’Uomo Ragno. Si ferma sul tre e non accade assolutamente nulla: il senso di ragno non è nemmeno scattato.

-Accidenti, ho perso. Riproviamo: dispari – continua Chance; questa volta la sua armatura rilascia un centinaio di dadi.

Prima che anche solo un dado tocchi terra ed esca dispari, il senso di ragno avverte Peter del pericolo. Metà dei dadi lanciati uscirà pari, senza far scattare il senso; l’altra metà dispari, pronta ad esplodere. Per un istante, lo stesso attacco viene considerato pericoloso e non pericoloso allo stesso tempo; il senso di ragno scatta, ma in un modo confuso a cui l’Uomo Ragno non è abituato e che non si è allenato a riconoscere.

Il risultato è che quasi trenta dadi esplodono di fronte a lui, facendogli perdere concentrazione ed equilibrio. Una scarica elettrica, cortesia dell’arsenale di Chance, fa tutto il resto. Ma come se non bastasse, adesso i dadi che non sono esplosi rilasciano una gran quantità di gas soporifero.

“Dannatamente intelligente...ecco perché il senso di ragno è andato in tilt: non sapeva se avvisarmi del pericolo imminente dell’esplosione o del pericolo ritardato del gas! Troppo intelligente per Chance”

I poliziotti crollano a terra uno dopo l’altro, ma l’Uomo Ragno ha avuto il tempo di fare un ampio respiro. Si getta contro Chance e questa volta sa perfettamente che cosa aspettarsi: la ragnatela lo lega a terra, impedendogli di utilizzare gli stivali-jet; afferra il guanto che ha usato per lanciare i dadi e lo riduce rapidamente a brandelli, per poi sfasciargli il casco con un pugno.

“Accidenti a te, proprio il gas dovevi usare? Ora non posso parlare e dire cose del tipo Lo sapevo che contro di me non avevi Chance. Ripensandoci, il gas ha i suoi vantaggi”.

Con il mercenario fuori combattimento, la sua prima preoccupazione è Jean, che giace a terra priva di sensi. Si avvicina per soccorrerla ed il senso di ragno pizzica: probabilmente lo sta avvisando del gas.

-Sei sempre stato facile da ingannare – dice Jean con una voce diversa da quella che il Ragno si aspettava, conficcandogli una siringa nella coscia. Per la sorpresa, l’Uomo Ragno aspira una cospicua quantità di gas soporifero...ed è l’ultima cosa che i suoi muscoli gli permettono di fare, prima di immobilizzarsi.

 

I telespettatori hanno potuto assistere a tutto quanto: il cameraman è svenuto, ma il segnale non è mai svanito. Ora possono vedere l’Uomo Ragno accasciato a terra e Jean DeWolff alzarsi in piedi, mentre il suo volto scompare per lasciare spazio ad una testa senza occhi, naso o bocca e dalla pelle bianca.

-Signore e signori, per la prima volta in diretta nazionale, il nuovo Signore del Crimine di New York: il Coordinatore, il genio che ha ucciso l’Uomo Ragno.

Un uomo mascherato entra nell’inquadratura, con l’applauso della donna senza volto. Indossa un completo anni '50, con tanto di cappello che solleva per salutare il pubblico.

-Grazie, Camaleonte. A-hem. Mentre eravate intenti ad osservare l’Uomo Ragno fare la figura del fesso, i miei uomini hanno riempito di esplosivo il quartier generale della polizia. Non preoccupatevi, non ho intenzione di richiedere nessun riscatto o cose del genere. Voglio solo che vi chiediate: chi altro, in questa città, ha le palle per fare una cosa del genere ed andarsene tranquillamente senza che nessuno possa fare qualcosa per fermarlo?

L’Uomo Ragno afferra la gamba del Coordinatore; per fortuna, la maschera del criminale non lascia trapelare la sua sorpresa.

“Accidenti a te, ma cosa ci vuole per metterti a terra!?” pensa, ma quello che dice è:

-Hai respirato abbastanza gas soporifero da stendere un elefante, e nelle vene ora ti scorre abbastanza neurotossina da uccidere un elefante. Dovrei lasciarti qui a morire in diretta.

Il Coordinatore si scrolla di dosso l'arrampicamuri, che non ha neanche lontanamente la forza necessaria per fare nulla. Può solo osservare il Coordinatore estrarre un congegno dalla tasca interna della giacca, ed appoggiarlo per terra ad un paio di metri di distanza...a malapena all’interno dell’inquadratura.

-In onore del nostro amico Chance, facciamo una scommessa. Se riesci a premere il pulsante entro trenta secondi, fermerai l’esplosione e ti salverai la vita; se non ti ucciderà la tossina, almeno.
-Se non ti... fermerò io... ci penseranno gli altri... - minaccia il tessiragnatele.

-Oh, fossi in te non ci scommetterei. Prima di dare il via libera, ho atteso settimane che Vendicatori, Fantastici Quattro e X-Men fossero contemporaneamente fuori città. A meno che non tu faccia affidamento sui Difensori...

-Ma si può sapere chi sei? – chiede l’Uomo Ragno, faticando ad ogni parola.

-Se volessi fartelo sapere, indosserei forse una maschera?

 

Il Coordinatore si congeda sollevando il copricapo; Camaleonte lo segue dopo un breve inchino e un bacio volante.

Sul dispositivo lampeggiano due cifre: 30. Dopo un secondo, lampeggia 29.

L’Uomo Ragno stringe i denti, combattendo il dolore come non mai. Le braccia sono pesanti come macigni, e quando è riuscito a sollevarsi sui gomiti lampeggia già il 25.

Il suo corpo sta combattendo la tossina; evidentemente il Coordinatore non ha fatto i conti con una fisiologia per metà umana e per metà aracnide. Siamo a 20.

Si chiede chi sia il Camaleonte. E’ il vecchio Smerdyakov? Non sarebbe certo la prima volta in cui assume sembianze femminili. Oppure potrebbe essere Mystica, o una nuova pazza mutaforma. Lampeggia il 15 e manca meno di un metro.

Chi sarà il Coordinatore? E’ la vecchia identità di Octopus, ma questo non è il suo modus operandi... anche se c’era qualcosa di familiare nella sua voce, era troppo camuffata dalla maschera. 10 secondi.

-Non sei furbo come pensi, Coordinatore; hai commesso l’errore più vecchio che ci sia, lasciare all’eroe una possibilità di cavarsela.

7 secondi. Peter è quasi tentato di lasciar scendere il conto alla rovescia fino ad 1, per rendere un po’ più drammatica e cinematografica l’occasione, ma ha già giocato fin troppo secondo le regole del Coordinatore.

Preme il pulsante quando il conto alla rovescia indica 5 secondi.

Innescando così gli esplosivi che distruggono metà facciata del quartier generale della Polizia.

 

 

CONTINUA !

 

 



[i] Nello scorso numero.

[ii] Nel #35.